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Il diritto di tacere

Lo avrete visto anche voi. Se vi piacciono i libri, se seguite autori su Facebook (soprattutto autori di letteratura di genere), è impossibile che non vi siate mai trovati di fronte a esortazioni di questo tipo, accompagnate spesso e volentieri da hashtag: 

TI È PIACIUTO UN LIBRO?
 Allora lascia un commento!
Sostieni il tuo autore preferito: recensisci il romanzo su Amazon!

Confesso che a me, in genere, queste cose scivolano addosso. Occasionalmente ho provato un lieve fastidio, comunque sanabile tramite utilizzo della rotellina del mouse (scroll down). Ma se invece di scappare, per una volta, mi fermo e provo ad analizzare il fenomeno… beh, accipicchia. Il martellamento pare essere dilagante.

Ci sono un sacco di motivi per cui l’Internet del “Condividi!” mi inquieta, ma non voglio entrare nel merito (a chi fosse interessato ad approfondire, però, consiglio la lettura de Il cerchio, di Dave Eggers); voglio esprimere un disagio.

Io non recensisco. Non lascio la mia opinione su Amazon. Non ho un account Goodreads attivo. Non mi piace dare le stelline. E non mi piace nemmeno sentirmi “una cattiva lettrice” per questo. Sono dell’idea che, a fianco/al posto degli atti pubblici, quelli privati possano avere anche più valore: presente il passaparola? Il consiglio non richiesto all’amico? Il libro ficcato fisicamente in mano all’amica, anche senza il suo consenso, con l’ordine tassativo LEGGILO E POI PARLIAMO?

Sono dell’idea che chi scrive recensioni su Amazon o su Goodreads, magari anche chi lo fa sempre, scriva in realtà alcune recensioni buone, utili, sagge, sentite, e altre (la maggior parte) un po’ superflue. Ma del resto, cosa puoi scrivere quando il libro non lo ami, ma nemmeno lo odi? Cosa puoi scrivere quando non ti convince, ma nemmeno ti disgusta?
Penso, fra l’altro, che nemmeno agli autori piacciano le recensioni “meh” – quelle che ti fanno capire che non sei arrivato al lettore. Che poi, non è quello che pensavi anche quando il lettore-non-raggiunto non te la scriveva, la recensione? (Consolati, autore che non riesce a ottenere reviews su Amazon; la percentuale di chi recensisce, sul totale di chi legge il libro, è di 1:200. Hai venduto 200 copie e hai “solo” 4 recensioni? Wow, è il quadruplo della media!)

Ho il sospetto, addirittura, che chi dice “recensiscimi!” in realtà voglia dire “recensiscimi bene!”; potrei scrivere un papiro sugli autori che fanno review-shaming in pubblico, sulle loro pagine, mettendo alla berlina o direttamente insultando i lettori che hanno osato assegnare loro solo 1 o 2 stelline. Potrei, ma ne uscirebbe una filippica lagnosa,quindi evito.



Sono dell’idea, fra le altre cose, che gli autori dovrebbero sempre tenere a mente il loro ruolo, e il ruolo dei loro libri, nelle vite di chi li legge. A me, ad esempio, piace leggere per staccare. Prima di andare a letto, per conciliarmi il sonno (lo so che sembra brutto, ma funziona… quasi sempre). Mentre mangio, se mangio sola, per non annoiarmi. Tutto il giorno, a volte, perché quello che sto leggendo mi ha catturata a tal punto che…
Ma non smetto di lavorare, di mangiare, di coccolare i gatti. Non lascio morire le piante. Non trascuro gli amici – non per leggere. Forse tu, autore, se sei fortunato, se ti dà di che vivere, dedichi ai tuoi libri ogni ora della tua giornata. Forse ce la dedichi ugualmente, perché anche quando sei lontano dalle tue storie e dai tuoi personaggi, pensi solo a quando potrai tornare da loro. È una cosa bellissima, e personalmente ti invidio per questo sentimento, questa devozione. Ma è la tua devozione, e non puoi pretenderla da me. Non sempre, non da tutti, non per tutti i libri – e forse mai. Dipende da quanto sei bravo.

Riporto, qua di seguito, la traduzione di un post della scrittrice Penny Watson in merito agli hashtag e alle esortazioni a recensire di cui dicevo all’inizio. E aggiungo, al termine, il mio “diritto di lettore” preferito – visto che si parla tanto di doveri di chi legge.

Ecco cosa penso della valanga di post che circolano da qualche giorno su come i lettori debbano “provvedere al sostentamento” degli autori, su come vada scritta una recensione eccetera eccetera.
1. Lettori, non siete responsabili del mio sostentamento, né del successo/fallimento della mia carriera di autore/autrice.
2. Lettori, non mi dovete niente. Non mi dovete recensioni, né “mi piace”, né commenti; non siete tenuti a “diffondere il verbo” sui social media né altrove.
3. Lettori, non vi chiederò mai di “barare” per me… e questo include segnalare come utili le recensioni a 5 stelle e come inutili quelle negative; falsificare le recensioni su Amazon per “fare numero”; segnalare quelle ad altri autori – e qualunque altra pratica poco pulita.
4. Lettori, se avete preso il mio libro in prestito in biblioteca o da un amico… Andate in pace. È un vostro diritto, e non mi riguarda.
5. Lettori, avete un solo compito: leggere. Se vi va. Avete il diritto di avere una vostra opinione, di prendere i libri in prestito, e non siete minimamente tenuti a “provvedere” o “preoccuparvi” per me.
Mi fa piacere ricevere recensioni entusiaste? Ovvio che sì.
Considero i lettori alla stregua di servetti/tirapiedi? Col cavolo.

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"Il diritto di tacere
L’uomo costruisce case perché è vivo ma scrive libri perché si sa mortale. Vive in gruppo perché è gregario, ma legge perché si sa solo. La lettura è per lui una compagnia che non prende il posto di nessun’altra, ma che nessun’altra potrebbe sostituire. Non gli offre alcuna spiegazione definitiva sul suo destino ma intreccia una fitta rete di connivenze fra la vita e lui. Piccolissime, segrete connivenze che dicono la paradossale felicità di vivere, nel momento stesso in cui illuminano la tragica assurdità della vita. Cosicché le nostre ragioni di leggere sono strane quanto le nostre ragioni di vivere. E nessuno è autorizzato a chiederci conto di questa intimità.
I rari adulti che mi hanno dato da leggere hanno sempre ceduto il passo ai libri e si sono ben guardati dal chiedermi che cosa avessi capito. A loro, naturalmente, parlavo delle mie letture. Vivi o morti che siano, a loro dedico queste pagine."

Daniel Pennac, Come un romanzo. Traduzione di Yasmina Melaouah. Feltrinelli, 2000, pagina 139.


Articolo scritto da Martina Nealli



Commenti

  1. Mi ha fatto piacere leggere il tuo post, visto che in un certo senso sono dall'altra parte della barricata, perché scrivo e spero sempre che chi ha apprezzato un mio romanzo lo faccia sapere al mondo intero. Certo, se tutti i lettori dicessero la loro, salterebbe fuori anche qualche scontento, ma questo fa parte del gioco. Se non accetto il rischio, che razza di scrittrice sono? Però hai ragione, non è un dovere del lettore aiutare l'autore, su questo non ci piove. Il fatto è che per un autore emergente è molto difficile... emergere, perciò le opinioni dei lettori sono uno dei pochi modi che ha a disposizione per farsi conoscere. (Con questo discorso strappalacrime magari non ti faccio venire voglia di mettere stelline, ma spero di renderti gli autori un po' meno antipatici. ;))

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  2. Mi ha dato da riflettere. Vorrei condividere l'articolo e quell'elenco.

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    1. Ciao, sono contenta. Condividi pure, non può che farmi piacere! :)

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  3. Questo post me lo ero perso e lo ADORO. Non solo perché condivido pienamente il punto di vista, ma anche per il modo pacato e tranquillo con cui è esposto. Io dico sempre che l'obbligo del lettore nei confronti dell'autore è quello di non piratare il suo libro, quindi comprarlo regolarmente (o prenderlo in prestito in biblioteca). Fine. Non è tenuto a farselo piacere, non è tenuto a recensirlo, non è tenuto a null'altro che questo: non "rubarlo".
    Poi è ovvio che se le recensioni positive arrivano è una gioia, ma è io li vedo come un regalo, un di più di cui essere grata.

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  4. Ciao, ho visto solo ora questo articolo molto bello grazie a Grazia che lo ha condiviso su Twitter. Proprio oggi sul mio blog scrivo di recensioni e di Amazon. Il taglio che hai scelto lo condivido, anche io rivendico il diritto di tacere, come lettrice. Tuttavia ammetto che nel primo periodo di blogging, aperto proprio per promuovere il mio romanzo, ho a volte utilizzato la formula che tu in qualche modo denigri e con ragione. Ero suggestionata da certi guru che suggeriscono di chiedere sempre, le famose call to Action. Quando ho smesso, perché io stessa ne ero infastidita, il blog è diventato qualcosa di più di un sito internet. E oggi mi capita di ricevere recensioni che sono regali inattesi e dunque infinitamente più piacevoli. Ciao

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